Giovanni di Taddeo Gaddi (alias Maestro della Misericordia)
(Attivo a Firenze, 1333 - 1383)
trittico portatile, c. 1375
Tempera su tavola, fondo oro, 60,9 x 47 cm (23.98 x 18.50 inches)
- Riferimento: 749
- Provenienza: Londra, Thomas Harris
Bibliografia:
H. B. J. Maginnis, A critical and historical corpus of Florentine painting, V, I, A legacy of attributions, Florence 1981, p. 11, fig. 21
A. G. De Marchi, in W. Angelelli, A. G. De Marchi, Pittura dal Duecento al primo Cinquecento nelle fotografie di Girolamo Bombelli, Milan 1991, pp. 202-203, n. 396
S. Chiodo, A critical and historical corpus of Florentine painting, IV, IX, Painters in Florence after the ‘Black Death’. The Master of the Misericordia and Matteo di Pacino, Florence 2011, pp. 157-158, pl. VIII
Nella tavola centrale di questo prezioso trittico, la Vergine è descritta a figura intera, mentre sostiene dolcemente il Bambino; questi da parte sua reca nella mano sinistra un garofano bianco e con la destra stringe l’orlo del mantello della Madre. Ai lati del gruppo, a sinistra vi sono i santi Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria, e dalla parte opposta Paolo e una santa martire di difficile individuazione – potrebbe trattarsi di Giustina o della più rara Claudia –, caratterizzata dagli emblemi del libro e della palma. Nelle tavole laterali e nelle terminazioni in alto sono raffigurate l’Annunciazione, la Natività e la Crocifissione, a sottolineare il carattere narrativo e insieme dottrinale – in quanto esplicativo della vicenda di Cristo – dell’altarolo.
Il trittico è opera nota agli studi da quasi un secolo: transitata nel 1935-36 presso la Thomas Harris Ltd. a Londra, passò poi sul mercato milanese, dov’è attestata nella Galleria Brunati nel 1937. Tali segnalazioni si ricavano dalle diverse note a penna sul verso dell’immagine della tavola, oggi conservata presso l’Archivio dell’Associazione ‘Corpus della Pittura Fiorentina’ e già nella fototeca personale di Richard Offner[i]. Fu proprio lo storico d’origine austriaca a suggerire per il dipinto il riferimento al Maestro della Misericordia. Questo era difatti il nome scelto per un artista da lui individuato nel 1956[ii], in ragione della Vergine della Misericordia, Cristo benedicente ed angeli – tavola conservata nelle collezioni della Galleria dell’Accademia di Firenze e ritenuta l’opera capofila del gruppo stilistico riunito[iii]. Purtroppo Offner non pubblicò mai il catalogo completo dell’artista – vi provvederà l’allievo Hayden B. J. Maginnis[iv], sedici anni dopo la morte del fondatore del Corpus of Florentine Painting, includendo naturalmente nel gruppo delle opere anche il dipinto qui in esame –; eppure il nome del Maestro della Misericordia era nel frattempo divenuto consueto nel panorama degli studi sul Trecento fiorentino. Roberto Longhi lo aveva ribattezzato ‘Maestro di Sant’Eligio’, associando la tavola della Galleria dell’Accademia agli scomparti con le storie del suddetto santo già conservati nella Collezione Cambò a Barcellona, e oggi presso il Museu Nacional d'Art de Catalunya[v]; Federico Zeri ravvisava nel gruppo dei dipinti raccolti da Offner dei caratteri che accostavano quest’artista ad Agnolo Gaddi all’epoca dei suoi esordi[vi]; Miklós Boskovits suggeriva l’identificazione del pittore in Giovanni Gaddi, figlio di Taddeo e fratello maggiore di Agnolo, il cui nome ricorre nei documenti fiorentini dal 1362 al 1385, ma del quale non restano oggi opere firmate o attestate dalle fonti[vii]. Grazie infine agli studi più recenti condotti da Angelo Tartuferi[viii] e Sonia Chiodo[ix] (che dedica all’autore un volume del Corpus), è stato possibile ricostruire le diverse fasi dell’attività di questo maestro, protagonista di primo piano dell’arte a Firenze nel terzo quarto del Trecento: formatosi verosimilmente a contatto con Bernardo Daddi nella fase immediatamente precedente alla peste nera – durante la quale Daddi appunto perse la vita –, negli anni ‘50 il pittore passò sotto l’influenza di Andrea di Cione detto l’Orcagna, per poi aprirsi progressivamente ad un’interpretazione meno rigida della tradizione giottesca, attraverso il contatto con il cromatismo morbido e smagliante di Giottino e Giovanni da Milano. Il trittico qui analizzato appartiene proprio alla fase più ricercata dell’attività del nostro maestro: la varietà delle espressioni e dei ritratti suggerisce un deciso avanzamento rispetto alle pose ieratiche di corpi solidi, tenute in precedenza nei dipinti di foggia orcagnesca. Siamo quindi plausibilmente dentro il settimo decennio del secolo, non lontano dalla sopracitata tavola della Galleria dell’Accademia che dà il nome al maestro: nella fase dunque più autentica e riconoscibile della sua peculiare maniera. Immediato è il confronto col tabernacolo oggi al Museum Pushkin di Mosca (inv. 230)[x], laddove torna peraltro la medesima disposizione dei soggetti descritti: tuttavia il moltiplicarsi delle figure, nella sequenza centrale della tavola di Mosca, toglie al gruppo della Vergine col Bambino la plasticità giottesca, che qui invece resta l’aspetto essenziale nella definizione delle figure. Il recupero dunque di quest’opera, finora conosciuta solo sulla base di vecchie fotografie e della quale oggi si può pure apprezzare il perfetto stato di conservazione, è un evento decisivo e luminoso per la comprensione ancora più precisa del percorso di questo formidabile artista.
[i] Si rimanda a S. Chiodo, A critical and historical corpus of Florentine painting, IV, IX, Painters in Florence after the ‘Black Death’. The Master of the Misericordia and Matteo di Pacino, Firenze 2011, p. 157.
[ii] R. Offner, A critical and historical corpus of Florentine painting, III, The fourteenth century, VI, Close following of the S. Cecilia Master, Firenze 1956, p. 62, n. 2.
[iii] Sull’opera si veda S. Chiodo, in Galleria dell’Accademia di Firenze. Dipinti, II, Il tardo Trecento, a cura di M. Boskovits e D. Parenti, Firenze 2010, pp. 81-85, n. 13.
[iv] H. B. J. Maginnis, A critical and historical corpus of Florentine painting, V, I, A legacy of attributions, Firenze 1981.
[v] R. Longhi, in L. Marcucci, Gallerie nazionali di Firenze, II, I dipinti toscani del secolo XIV, Roma 1965, pp. 133-135, n. 95.
[vi] F. Zeri, Sul catalogo dei dipinti toscani del secolo XIV nelle gallerie di Firenze, in “Gazette des beaux-arts”, LXXI, 1968, pp. 65-78 (p. 74).
[vii] M. Boskovits, Pittura fiorentina alla vigila del Rinascimento 1370-1400, Firenze 1975, p. 65.
[viii] A. Tartuferi, Una nota per l’esordio di Agnolo Gaddi, in “Antichità viva”, 1996, 4, pp. 3-7; Id., in Moretti. Da Allegretto Nuzi a Pietro Perugino, Firenze 2005, pp. 46-51.
[ix] S. Chiodo, Il Maestro della Misericordia e Niccolò di Pietro Gerini: un problema di pittura fiorentina di secondo Trecento, in “Arte cristiana”, XCIII, 2005, 826, pp. 43-56; Ead. cit., 2011, pp. 13-331.
[x] Chiodo cit., 2011, pp. 246-248, pl. XXXIII.