Ippolito Caffi
(Belluno 1809 - 1866 Lissa)
Piazza San Marco a Venezia, 1858
19,8 x 25,2 cm (7.80 x 9.92 inches)
Ippolito Caffi
(Belluno 1809 - 1866 Lissa)
Piazza San Marco a Venezia, 1858
19,8 x 25,2 cm (7.80 x 9.92 inches)
Rif: 864
Firmato e datato:
Caffi 1858
Provenienza
Pandolfini, Firenze, 21 Aprile 2015, lotto 155
Collezione privata
L’opera è realizzata a olio su di un supporto metallico, verosimilmente una lastra di rame del tipo di quelle solitamente utilizzate per le incisioni ad acquaforte: un unicum nella produzione di Caffi, anche se scelte di questo tipo erano tutt’altro che insolite tra gli artisti a lui contemporanei, che trovavano nella superficie metallica un’occasione per donare maggiore brillantezza ai propri dipinti. La scena raffigura piazza San Marco vista da un punto prossimo alla torre dell’orologio: sulla sinistra campeggia la facciata della Basilica di San Marco, disposta inevitabilmente “per angolo”, mentre sulla destra si staglia il campanile, sullo sfondo la piazzetta e il bacino di San Marco, mentre lo spazio dinnanzi alla basilica è occupato da una piccola folla di gustose macchiette. Il taglio compositivo utilizzato in quest’occasione è molto diverso da quelli adottati in precedenza da Caffi per le sue riprese della platea marciana e soprattutto della Basilica, che in genere preferisce ritrarre frontalmente, in tutta la sua estensione, e nelle più diverse condizioni di luce. Una delle rare eccezioni in questo senso è un olio su tela della fine degli anni quaranta, di dimensioni pressochè analoghe a quello in esame, che mostra Piazza San Marco dall’angolo della basilica con la bandiera tricolore. Soggetto tra i più noti della vasta produzione di Ippolito Caffi, la piazza San Marco è stata affrontata dall’artista da moltissime angolazioni, spesso privilegiando l’effettistica luminosa, come nel caso del celeberrimo Effetto di luna e nebbia in piazza San Marco: “una notte con la luna e la nebbia ove si vedono tutte l’ombre delle fabbriche riportate sulla stessa nebbia per l’aria, la quale è così densa da non permettere che arrivi fino a terra il raggio della luna. L’effetto è singolare, sorprendente e non credibile per tutti quelli che non hanno studiato la verità nel suo tutto, o non fanno riflessioni che può fare quella cosa, quel sito quando sono dipinti” (Avon Caffi, 1967, p. 51). Riflessioni che Caffi aveva portato molto avanti già tra la fine degli anni trenta e l’inizio del decennio successivo, forse i più fecondi della sua carriera: in questo momento infatti mette a fuoco una serie di temi giocati intorno a spettacolari regie luminose, abbinando la scarsa luce lunare a lumi artificiali o a fuochi pirotecnici, trasformando Venezia in un palcoscenico per uno spettacolo di luci colorate, che conferisce un aspetto nuovo, imprevisto, agli stessi scenari replicati innumerevoli volte.
Caratteristiche che parzialmente si ritrovano anche nel dipinto in esame, per quanto immerso in una tersa luce meridiana, di piccole dimensioni e in parte condizionato da una tecnica per lui inconsueta: in alcuni passaggi si ha infatti l’impressione che l’artista si trovi a disagio nella stesura delle pennellate che appaiono a tratti più corpose e meno fluide del solito, come dimostrano anche alcuni minutissimi sollevamenti della superficie pittorica. Una circostanza che però nulla toglie alla qualità dell’opera, che conserva tutte le migliori caratteristiche della produzione dell’artista bellunese. Un’ulteriore attestazione dell’autografia e della datazione tarda può essere rintracciata nella morfologia delle piccole macchiette, identica nella costruzione a quella dei personaggi che animo le scene di due piccolissime vedute della platea Marciana transitate di recente per il mercato antiquario. Queste ultime mostrano rispettivamente La Piazzetta di notte e L’arrivo a Venezia di Francesco Giuseppe ed Elisabetta; a loro può poi essere associata una tela, Serenata a San Marco, anch’essa di dimensioni ridotte, appartenente alle collezioni della Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, che illustra una festa notturna nel bacino di San Marco. Tutti lavori che hanno in comune con quello qui analizzato una stesura piuttosto abbozzata anche nel definire le partiture architettoniche. In buona sostanza il dipinto in esame si può leggere come una sorta di esperimento di un Caffi ormai maturo ma evidentemente non ancora del tutto appagato sul piano tecnico: quella stessa volontà di mettersi continuamente alla prova che lo aveva accompagnato sin dagli esordi e che lo porterà negli anni sessanta ad adottare un inedito formato panoramico per alcune sue vedute veneziane e lo condurrà in accordo con il proprio patriottismo, a salire sul ponte della Re d’Italia per il suo ultimo viaggio nelle acque di Lissa, il 20 luglio1866.