Maestro del Trittico Richardson
Santa Margherita di Antiochia, Cristo in pietà, San Giovanni Evangelista
Il dipinto presenta tre tondi inseriti in una tabella, che verosimilmente doveva costituire la predella, o lo scomparto superiore, di un altarolo destinato alla devozione privata. Vi sono raffigurati Santa Margherita di Antiochia, che emerge dalle fauci del drago, il Cristo in pietà e San Giovanni Evangelista in posa dolente. La sostituzione della figura della Vergine con quella di Margherita, decisamente meno consueta accanto al Cristo in pietà, presuppone verosimilmente il richiamo onomastico a qualche elemento della famiglia committente dell’altarolo. I tre tondi sono opera dell’anonimo autore senese noto come il Maestro del Trittico Richardson. La fisionomia di questo maestro e la sua attività sono stati a lungo un tema privilegiato degli studi, a partire dall’acquisizione da parte del Fogg Art Museum di Harvard del trittico che oggi gli dà il nome. Come ha dimostrato Everett Fahy, il pittore si muove in un periodo di circa trent’anni, lungo una traiettoria che parte dalla tradizione di Simone Martini e giunge fino ad approdi
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Spinello Aretino
San Giovanni Evangelista, 1382-1387
La tavola costituiva il primo laterale destro di un polittico di cinque scomparti, al centro del quale vi era una Madonna in trono col Bambino e ai cui estremi, rispettivamente a sinistra e a destra, vi erano le figure dei santi Agostino e Domenico. Completava l’opera verosimilmente una predella, che tuttavia è andata perduta. La presenza di Domenico ha suggerito agli studiosi la provenienza originaria di questo polittico da una chiesa dell’ordine dei frati predicatori. L’autore è stato riconosciuto nella personalità di Spinello Aretino, pittore nativo di Arezzo, ma attivo soprattutto a Firenze e a Siena. Spinello, giunto a Firenze nel 1387, è qui subito investito dell’incarico degli affreschi per la sagrestia di San Miniato al monte: il gusto per il dettaglio e la ricchezza della tenuta cromatica assicurarono al pittore immediato successo nell’ambiente fiorentino. L’assoluta qualità dei trapassi di luce, evidenti sul mantello del santo, permette di collocare la tavola proprio nella stessa fase degli affreschi di San Miniato.
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Lorenzo di Bicci
Madonna col Bambino, c. 1375
La Vergine viene raffigurata seduta a terra su un cuscino, con il Bambino in grembo, con il quale si scambia uno sguardo di notevole intensità affettuosa. La posa della Vergine e il fatto che l’ambientazione sia resa in modo molto essenziale – ridotta al solo cuscino e alla linea divisoria tra pavimento e parete di fondo –, sono aspetti indicativi dell’iconografia della Madonna dell’Umiltà, nella quale veniva esaltato appunto l’atteggiamento umile e naturale della madre di Dio. L’autore di questa tavola è stato individuato nel pittore fiorentino Lorenzo di Bicci, capostipite di una dinastia che opererà in città dalla seconda metà del Trecento fino quasi alla fine del secolo successivo. Testimone nel passaggio a Firenze dalla tradizione giottesca alla stagione del gotico fiorito, Lorenzo si segnala per la ricchezza della stesura cromatica e per la raffinatezza delle decorazioni, come si nota nel dipinto dalla veste del Bambino che viene punzonata con la precisione di un orefice.
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Lorenzo di Bicci
Madonna col Bambino in Trono fra Quattro Santi, c. 1380
La Madonna qui è raffigurata in trono mentre solleva il Bambino; ai due lati, su due registri si dispongono a sinistra i santi Ludovico da Tolosa e Caterina d’Alessandria e a destra Antonio abate e Giovanni Battista. Il dipinto, opera del pittore fiorentino Lorenzo di Bicci, costituisce lo scomparto maggiore e centrale di un tabernacolo, i cui sportelli laterali tuttavia sono andati perduti. All’inizio del XX secolo la tavola si trovava nel castello di Vincigliata presso Fiesole, nelle raccolte dell’uomo politico inglese John Temple Leader, amico e allievo dello storico dell’arte John Ruskin. Fu forse il carattere severo delle figure, che rimandano alla tradizione di Giotto, Bernardo Daddi e degli Orcagna e che dunque donano all’opera un’indole vagamente retrospettiva, ad affascinare il gusto del gentiluomo britannico, educato alla semplicità e all’immediatezza espressiva dei dipinti religiosi del Trecento, e in particolare della stagione che fece seguito al doloroso passaggio della peste.
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Andrea di Bartolo (1360 - 1428)
San Francesco d'Assisi, c. 1400
San Francesco viene descritto a mezza figura, mentre mostra le stigmate alle mani e al costato: il volto, illustrato di tre quarti e con un’espressione di intensa umanità, tradisce l’indole di un vero e proprio ritratto. L’autore di questo dipinto è stato ultimamente individuato nel maestro senese Andrea di Bartolo, figlio di Bartolo di Fredi ed esponente della tradizione cittadina al passaggio tra XIV e XV secolo. Il particolare formato della tavola la fa riconoscere come un verosimile scomparto laterale destro del registro superiore di un polittico: il nostro San Francesco doveva dunque inserirsi in una serie di figure di santi a chiudere in alto una pala d’altare, secondo il medesimo modello compositivo che Andrea di Bartolo a Siena aveva adottato nel polittico della basilica dell’Osservanza. Il gusto per il dettaglio, reso con uno stile mimetico che tuttavia non rinuncia ad eleganze lineari d’impronta tardogotica, rappresenta una prerogativa dell’artista, operoso con successo anche come miniatore.
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Lippo di Dalmasio
La Vergine e san Giovanni Battista dolenti, 1390 c.
I due riquadri sono le terminazioni laterali di un Crocifisso oggi perduto, secondo una tipologia morfologica molto consueta nella pittura gotica. Le due figure della Vergine e di san Giovanni qui impressionano per la forte gestualità del dolore, con la Vergine che stringe le braccia al petto, quasi avesse ancora in grembo il figlio appena spirato. L’autografia dei dipinti, benché questi fossero noti da tempo agli studi, è stata individuata solo di recente: l’autore è Lippo di Dalmasio, maestro bolognese attivo tra la fine del Trecento e l’inizio del secolo successivo. Lo testimonia l’identità formale con i capicroce del Crocifisso già nella chiesa di San Girolamo della Certosa e oggi conservato nelle Collezioni Comunali di Palazzo d’Accursio. Lippo, importante figura anche della vita comunale felsinea, fu l’autore di riferimento a Bologna per una lunga stagione, in virtù soprattutto della sua capacità di introspezione psicologica nei ritratti dei volti delle figure, come si evince del resto dalle tavole oggi in mostra.
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Matteo Salamon
nella sua galleria d'arte a Milano
In questo video di 2 minuti potete vedere gli spazi della nostra galleria a Milano.
Siamo specializzati in dipinti di Maestri Antichi e Moderni, con una maniacale attenzione alla qualita', conservazione e provenienza delle opere che trattiamo.
Abbiamo un amore particolare per la pittura a Fondo Oro.
Video di Claudio Moschin.
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Oro fuori dal tempo
25 nov 2019 - Milano
Oro fuori dal tempo: antico e contemporaneo in mostra da Salamon.
Matteo Salamon presenta la mostra allestita presso la galleria dal 22 novembre 2019 al 31 gennaio 2020.
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Oro, 1320-2020. Dai Maestri del Trecento al Contemporaneo
21 nov 2019 - Milano
La mostra "Oro, 1320 - 2020. Dai Maestri del Trecento al Contemporaneo” organizzata da Matteo Salamon della omonima galleria Milanese, nella prestigiosa sede di Palazzo Cicogna a Milano dal 22 novembre 2019 al 31 gennaio 2020.
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Matteo Salamon - Amo l'arte perchè...
22 nov 2019 - Biennale di Firenze
Breve intervento di Matteo Salamon in occasione della partecipazione alla BIAF - Biennale internazionale di Antiquariato di Firenze.
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