la galleria di Matteo Salamon
specializzata in disegni e dipinti antichi
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Un Anonimo Maestro Leonardesco
San Gerolamo
Una intervista a Matteo Salamon, Carlotta Beccaria e Alessandro Morandotti, il team che ha lavorato su questo enigmatico (fino ad ora) dipinto eseguito da un Maestro Leonardesco
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Matteo Salamon a TEFAF Maastricht 2023
Uno stand dedicato a Venezia
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Bagliori Gotici
dal Maestro del 1310 a Bartolomeo Vivarini
una breve introduzione video alla mostra della galleria Salamon, 2021, 20 dipinti a fondo oro
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Maestro del 1310
Madonna col Bambino, tempera su tavola, fondo oro, c. 1303
La mostra si apre con un capolavoro di uno degli artisti più misteriosi e affascinanti di tutto il XIV secolo. Si tratta del Maestro del 1310, pittore pistoiese che prende il nome dalla data incisa alla base di una famosa Madonna col Bambino in trono, oggi conservata al Musèe du Petit Palais di Avignone. Benché la sua identità non si sia tramandata, egli fu per certo l’autore di riferimento della pittura a Pistoia e nella Toscana appenninica all’inizio del Trecento. Sicuramente a conoscenza delle novità formali introdotte da Giotto a Firenze, il Maestro del 1310 tuttavia si caratterizza piuttosto per l’adesione ai modelli provenienti dall’arte francese e in particolare dalla miniatura. La resa espressiva degli affetti, consueta nella sua attività, è evidente in quest’opera di straordinaria bellezza, nella quale il carattere risoluto del ritratto della Vergine è ammorbidito dalla dolcezza degli occhi azzurri, che rapiscono inevitabilmente la nostra attenzione.
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Jacopo del Casentino
L’ultima Cena; San Francesco Riceve le Stimmate, c. 1320
Il dipinto è un frammento dello sportello di un tabernacolo portatile, destinato alla devozione privata.
Lo testimonia l’unione di soggetti tra loro diversi, che verosimilmente erano stati richiesti all’artista
proprio dal committente. L’iconografia del riquadro col San Francesco che riceve le stigmate è quella
consueta, codificata da Giotto nella tavola oggi al museo del Louvre. Più singolare la scena dell’Ultima
cena, con il dettaglio del san Giovanni che abbraccia disperato Cristo mentre questi sta indicando
Giuda come colui che lo ha tradito. L’autore del dittico è l’allievo di Giotto noto come Jacopo del
Casentino: originario del borgo di Pratovecchio, Jacopo risulta attivo a Firenze dal 1320 circa fino alla
metà del secolo, mettendo in mostra nelle sue opere uno stile attento soprattutto al dettaglio narrativo,
come del resto si evince dai riquadri qui illustrati.
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Niccolo' di Tommaso
Giudizio Finale, c. 1360
La tavola, sicuramente uno dei capolavori della mostra, rappresenta un recupero importante realizzato in questa occasione: benché il dipinto fosse difatti noto agli studi da tempo, si conosceva solo attraverso antiche fotografie scattate quasi un secolo fa, e non era ovviamente apprezzabile la ricchissima stesura luminosa e cromatica che oggi balza ai nostri occhi. L’autore è l’artista fiorentino Niccolò di Tommaso, testimone autorevole dell’arte in Toscana nei venti anni che seguirono il doloroso passaggio della Peste Nera. Niccolò era stato in gioventù allievo e collaboratore di Nardo di Cione, con il quale aveva condiviso il cantiere di decorazione della Cappella Strozzi in Santa Maria Novella. Qui nella parete di fondo è rappresentata la scena del Giudizio universale, che viene replicata in modo abbastanza fedele in questa tavola. Nella scansione dei cerchi di santi e beati, ai piedi di Cristo e della Vergine, vi è un riferimento esplicito alla visione del Paradiso offerta da Dante alla fine della Commedia.
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Giovanni Gaddi
Trittico Portatile, c. 1375
Il trittico portatile era un oggetto di devozione assai funzionale e diffuso nell’arte del Trecento in tutta Europa. Vi era rappresentato quasi sempre un racconto in sequenze al centro del quale spiccava una ‘Sacra conversazione’, con la Vergine e il Bambino che venivano accompagnati da diverse figure di santi. Qui le sequenze descritte negli sportelli laterali sono la nascita e la morte di Cristo, sequenze scelte in quanto ideali raffigurazioni dei momenti estremi della vita di ogni uomo. Al centro il gruppo sacro si staglia fra i santi Giovanni Battista, Caterina d’Alessandria, Paolo e un’altra santa martire dotata di palma. L’autore è il maestro fiorentino Giovanni Gaddi, figlio maggiore di Taddeo che era stato il più longevo fra gli allievi di Giotto. Vissuto tra il 1330 circa e il 1380, Giovanni è uno degli eredi più autentici della tradizione toscana, rinvigorita attraverso il contatto con le cromie ricercate di Giovanni da Milano.
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Agnolo Gaddi
Madonna col Bambino, tempera su tavola, fondo oro
La tavola è una delle testimonianze degli esordi di Agnolo Gaddi, l’artista fiorentino certamente più importante della fine del Trecento. Figlio di Taddeo, il pittore che aveva ricoperto per ventiquattro anni il ruolo di ‘primo allievo’ di Giotto, e fratello minore di Giovanni, altro maestro presente con un’opera in questa mostra, Agnolo si forma a Firenze negli anni ’60, a contatto con gli atelier più operosi in città in quella fase: la bottega degli Orcagna e quella di Giovanni da Milano. La sua prima attività si colloca all’inizio del decennio successivo, e si segnala per l’uso di una stesura cromatica molto fine, e per la rappresentazione di una gestualità affettuosa e accostante nelle figure, evidente nondimeno nel dipinto qui illustrato. Il ruolo di testimone ed erede della tradizione fiorentina portò Agnolo negli anni ’80 e ’90 a essere il destinatario delle più importanti commissioni di affreschi di questo periodo storico, a partire dalla decorazione della Cappella Maggiore nella chiesa di Santa Croce. Lo storico dell’arte Angelo Tartuferi ha ipotizzato la provenienza antica della tavola oggi in mostra dalla chiesa di Santa Maria Novella.
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Cenni di Francesco
Trittico Portatile, c. 1365
Il tabernacolo è dipinto sui due lati e presenta nei diversi riquadri un’iconografia molto articolata. In alto nei pannelli laterali vi è l’Annunciazione di Maria da parte dell’Arcangelo Gabriele, mentre al centro è rappresentata la Trinità fra due evangelisti. Assai particolare qui è la scelta di raffigurare la Trinità con tre immagini di Cristo affiancate, quasi ad aggiornare in senso cristiano il racconto biblico dell’apparizione di Dio ad Abramo sotto forma di tre uomini. Nello scomparto maggiore vi è la Vergine col Bambino in trono fra santi e profeti, mentre rispettivamente a sinistra a destra, dall’alto in basso vi sono Il matrimonio di Tobia e Sara, I santi Antonio abate, Cristoforo e Onofrio, I santi Francesco, Agostino e Pietro Martire e la scena evangelica del Noli me tangere. Sul retro in due riquadri vi sono il Cristo Vir dolurum e la Crocifissione. L’autore è il maestro fiorentino Cenni di Francesco di Ser Cenni, testimone della tradizione giottesca nell’ultimo scorcio del XIV secolo e nei primi decenni del successivo, la cui opera più celebre sono gli affreschi per l’Oratorio della Croce nella chiesa di San Francesco a Volterra.
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