Ludovico Gimignani
(Roma, 1643 - Zagarolo, 1697)
recto: The Martyrdom of Saint Paul Miki and Companion
verso: San Gerolamo nel Deserto, Studi di Teste
penna e pennello,inchiostro bruno
verso: penna e pennello, inchiostro bruno
303 x 424 mm (11.93 x 16.69 inches)
Ludovico Gimignani
(Roma, 1643 - Zagarolo, 1697)
recto: Il Martirio di San Paolo Miki e dei Compagni
verso: San Gerolamo nel Deserto, Studi di Teste
penna e pennello,inchiostro bruno
verso: penna e pennello, inchiostro bruno
303 x 424 mm (11.93 x 16.69 inches)
Rif: 0212
Prezzo: € 2.000,00 - circa US $ 2.180,00
Descrizione:Un ringraziamento particolare a Nicholas Turner per avere confermato l'attribuzione a Ludovico Gimignani, in una comunicazione scritta del 17 dicembre 2012
In questo bel foglio sono raccolti tre modelli diversi: sul recto quello più dettagliato raffigura il Martirio di san Paolo Miki e dei compagni, mentre sul verso a sinistra vi è una prima idea per un San Girolamo nel deserto e a destra tre Studi di teste, di cui uno più minuzioso e gli altri due sommari.
La vicenda di Paolo Miki e del martirio di Nagasaki del 5 febbraio 1597 assunse rilievo da quando, a trent’anni di distanza, papa Urbano VIII decretò la beatificazione dei ventisei religiosi, crocifissi per ordine dello Shogun nella capitale del Giappone meridionale[i]. Questi, ritenuti spie delle potenze europee, erano un gruppo eterogeneo costituito da tre gesuiti giapponesi, tra cui appunto Paolo Miki che nelle testimonianze del martirio assume il ruolo di guida dell’intera comunità, sei frati Minori spagnoli e portoghesi e diciassette Terziari francescani tutti giapponesi. La diversa origine dei chierici ha comportato che in Europa il culto dei martiri fosse legato all’ordine dei minori conventuali più che ai gesuiti. Nelle raffigurazioni, nondimeno piuttosto sporadiche, dell’evento storico, i beati appaiono sempre in abito francescano: è il caso della tela di Tanzio da Varallo oggi alla Pinacoteca di Brera[ii], una delle prime attestazioni iconografiche, che decorava un altare presso il convento francescano di Santa Maria delle Grazie a Varallo, o anche della grande pala di Francesco Maffei realizzata per la chiesa di San Francesco a Schio[iii]. In entrambe i religiosi sono fissati a croci di tipo canonico e a testa in su, quasi che l’identità del martirio con quello di Cristo volesse alludere alla figura di Francesco, ‘alter Christus’ per definizione. Nel foglio proposto invece i canonici sono inchiodati a testa in giù e su croci ad Y. Quest’anomalia si può spiegare attraverso la sovrapposizione di un nuovo culto, legato ad altri martiri giapponesi, soprattutto agostiniani, perseguitati a più riprese per tutta la prima metà del 600. Fra loro particolare emozione suscitò la figura di Santa Maria Maddalena di Nagasaki, uccisa proprio su una croce ad Y e ritratta talvolta in abito monacale insieme alle altre Maddalene (è il caso della tela di Andrea Sacchi oggi alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma).
Il disegno è stato individuato da Nicholas Turner (comunicazione scritta) come opera del pittore romano Ludovico Gimignani. Figlio del pittore di scuola cortonesca Giacinto, Ludovico, più che formarsi a contatto con lo stile paterno, fin dalla prima giovinezza intesse un proficuo rapporto con gli artisti gravitanti attorno a Bernini, prendendo parte peraltro ad alcune delle imprese decorative legate al nome del caposcuola, come la guarnizione della nuova Collegiata di Santa Maria Assunta ad Ariccia, per la quale consegna poco più che ventenne una delle pale d’altare (il Riposo durante la fuga in Egitto)[iv]. Forse meno dotato dal punto di vista della solidità formale rispetto al padre, Ludovico si distingue per la ricchezza delle sue suggestioni, la varietà dei modelli, segno questo del lungo apprendistato e dei soggiorni nell’Italia padana e a Venezia, e la rapidità di segno, evidente soprattutto nel suo cospicuo corpus grafico. A lui si devono progetti di monumenti, fontane e sepolcri, indice della fortuna che aveva presso Bernini (resta anche un progetto per la sua sepoltura di mano del nostro[v]) e i suoi allievi scultori[vi].
Data l’assenza di confronti diretti nell’ampio numero di disegni a lui riconosciuti, l’ipotesi attributiva di Turner a favore del pittore non può essere accolta tout court, ma va piuttosto considerata un’indicazione, nondimeno molto pertinente. Se non nei singoli brani, è difatti nel carattere palpitante dell’intera composizione, marcata da un tratto nervoso, che si può apprezzare il confronto con altri fogli di Gimignani, quali la Morte di Turno e soprattutto la Continenza di Scipione delle collezioni dell’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma[vii]. L’individuazione sommaria delle figure, definite quasi solo dalla linea di contorno, concorre all’immediatezza espressiva cui l’autore sacrifica talvolta anche la chiarezza del racconto. Non è un caso se le figure dei santi che cingono a semicerchio la Vergine col Bambino nella fascia superiore non siano riconoscibili: vi si indovina la fisionomia di Francesco e quella di Ignazio di Loyola, ma le altre restano indistinte. Al pittore con tutta evidenza preme trasmettere la concitazione dell’evento luttuoso, sottolineata dal rapporto tra le linee di moto dei corpi rispetto alle assi perpendicolari al terreno delle croci. La perspicacia delle lievissime lumeggiature ad acquerello favorisce il risalto del vigoroso segno della penna, che attesta la prossimità con i modelli del Seicento padano.
Più legata ad un’impronta romana risulta la figura di San Girolamo sul verso, prossima a Giacinto Brandi e, come ha notato Turner, ad una celebre incisione di Pietro Testa[viii]. Meno valutabili risultano i tre profili, anche se in quello superiore appare evidente l’indagine condotta dall’autore sulla fisiognomica delle figure di Guido Reni e nella fattispecie nelle varie Teste di apostoli che del resto costituivano a fine Seicento un modello a cui attingevano maestri di tutte le scuole d’It
[i] G. D. Gordini, voce Paolo Miki, in Bibliotheca Sanctorum, 10, Roma 1968, pp. 306-308.
[ii] S. Coppa, in Tanzio da Varallo: realismo, fervore e contemplazione in un pittore del Seicento, a cura di M. Bona Castellotti, catalogo della mostra, Milano 2000, pp. 157-160, 162, n. 41.
[iii] P. Rossi, Francesco Maffei, Milano 1991, p. 111, n. 96.
[iv] G. Di Domenico Cortese, Profilo di Ludovico Gimignani, in “Commentari”, 14, 1963, p. 256 (pp. 254-265).
[v] T. Montanari, in Gian Lorenzo Bernini: regista del Barocco, catalogo della mostra (Roma), Milano 1999, pp. 450-451, n. 229.
[vi] A. Negro, Ludovico Gimignani, in Les cieux en gloire: paradis en trompe-l’oeil pour la Rome baroque, catalogo della mostra, Ajaccio 2002, pp. 340-341 (335-345).
[vii] U. V. Fischer Pace, in Disegni di Giacinto e Ludovico Gimignani nelle collezioni del Gabinetto Nazionale delle Stampe, a cura della stessa, catalogo della mostra, Roma 1979, pp. 120, 124, 321, 324, nn. 399, 407.
[viii] E. Cropper, in Pietro Testa 1612 – 1650: prints and drawings, a cura della stessa, catalogo della mostra, Philadelphia 1988, pp. 15-17, n. 8.
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