Antonio Marinoni (alias Maestro del Romacolo)

(Desenzano al Serio, Bergamo, documentato dal 1494 - ante 1541)

Cristo sul Sepolcro fra i Santi Pietro e Andrea 1520-1530

tempera su tavola, fondo oro, 30 x 67,5 cm (11.81 x 26.57 inches)

Campi obbligatori*

Antonio Marinoni (alias Maestro del Romacolo)

(Desenzano al Serio, Bergamo, documentato dal 1494 - ante 1541)

Cristo sul Sepolcro fra i Santi Pietro e Andrea 1520-1530

tempera su tavola, fondo oro, 30 x 67,5 cm (11.81 x 26.57 inches)

Rif: 882

 

Provenienza
Zogno, località Romacolo (Bergamo), Chiesa di Santa Maria della Misericordia
Torino, collezione privata

Bibliografia
M. Tanzi, in Piemontesi e Lombardi tra Quattrocento e Cinquecento, Torino 1989, pp. 94-99, n. 14

Descrizione:

La tavola è suddivisa in tre ovati dipinti su fondo oro raffiguranti al centro Cristo sul sepolcro e ai lati san Pietro e sant’Andrea, agevolmente riconoscibili dai rispettivi attributi delle chiavi e della croce; le zone esterne sono decorate finemente a racemi dorati. Si tratta dell’elemento centrale di una predella con tutta la sequenza degli apostoli che fiancheggiavano l’Imago Pietatis, secondo una costante iconografica che ha goduto di una notevole fortuna nella pittura dell’Italia settentrionale fra Quattro e Cinquecento, a volte con la variante del Salvator Mundi al posto del Cristo morto sul sepolcro (come mostra un frammento analogo eseguito da una mano più modesta della medesima bottega passato sul mercato antiquario londinese nel 1970).

E’ possibile ricostruire con buona verosimiglianza l’ambito culturale dell’inedito dipinto e parte del complesso originario da cui esso proviene: presso l’Accademia Carrara di Bergamo esistono infatti quattro tavolette facenti parte della medesima predella; dimensioni coincidenti, grado stilistico e qualitativo, affinità morfologiche e anche dettagli più minuti quali la raffinata punzonatura delle aureole dei santi e la decorazione a racemi che contorna gli ovati indirizzano su una medesima provenienza anche per i santi Bartolomeo, Giacomo, un altro apostolo tradizionalmente identificato in sant’Andrea ma privo dei suoi attributi iconografici, e Giovanni Evangelista. Il fatto poi che queste ultime non siano state resecate e mostrino nei loro margini esterni la battuta della cornice, suggerisce che esse dovevano essere alla base dei pilastrini di un’ancona a più scomparti, secondo una tipologia standard delle carpenterie dei polittici che trova in quest’area geografica il prototipo più significativo in quello di Butinone e Zenale in San Martino a Treviglio.

La predella faceva parte di un polittico già nella Chiesa di Santa Maria della Misericordia del convento in località Romacolo presso Endenna (Zogno) in Val Brembana, acquistato in alcuni dei suoi elementi nella seconda metà del Settecento dal conte Giacomo Carrara: nei depositi della galleria bergamasca si conservano, oltre ai quattro frammenti già citati, due tavole laterali del registro principale raffiguranti i santi Nicola di Bari e Francesco Bernardino da Siena e Agostino, ed una di quello superiore con i santi Ludovico di Tolosa e Antonio abate, mentre un’altra tavoletta con san Benedetto, che la critica ha accomunato alle sorti del polittico, è sicuramente della stessa mano e forse proveniente dallo stesso complesso, ma non può avere fatto parte della predella. Allo stato attuale delle nostre conoscenze non siamo in grado di definire se gli scomparti centrali dei due registri fossero dipinti o scolpiti, mentre il pannello superiore sinistro è da considerare perduto. Sembra invece certo che lo scomparto centrale del registro superiore non possa essere identificato nello Sposalizio mistico di santa Caterina, n. 778 dell’Accademia Carrara, una tavola proveniente dallo stesso convento, che mostra tuttavia caratteristiche stilistiche, morfologiche e conservative non coincidenti con quelle del gruppo omogeneo appena considerato, quanto piuttosto affinità di rilievo con altre due tavole ora in collezione privata bergamasca, San Rocco e San Bernardino da Siena, pure provenienti dal Romacolo e verosimilmente pannelli di un altro polittico smembrato di cui non conosciamo altri elementi. Conforta questa ipotesi una lunga nota del Tassi alla vita di Giacomo Gavasio, nella quale il biografo degli artisti bergamaschi sembra escludere decisamente l’appartenenza al polittico del Romacolo dello Sposalizio di santa Caterina. Descrivendo alcune opere del Gavasio (o Gavazzi) nella chiesa dei Padri Riformati del Romacolo, il Tassi ricorda che “Da qualche altare della stessa Chiesa sono stati levati, e venduti diversi pezzi divisi in partimenti in tavole dello stesso Autore, e del medesimo gusto, li quali al presente si trovano presso il Sig. Co. Giacomo Carrara. In alcuni de’ più piccoli in diversi pezzetti per traverso, sono espressi a mezza vita li dodici Apostoli col Salvatore, parte de’ quali è collocata nella Galleria del sudetto Cavaliere. Tre poi de’ più grandi sono in sua Casa, e rappresentano due Santi in Piedi, a due terzi del naturale per ciascuno, cioè in uno S. Bernardino da Siena, con S. Agostino in atto di leggere; in un altro S. Francesco, e S. Nicolò di Bari, e nel terzo S. Antonio abate con un altro Santo in piviale”. Ricordate come opera del Gavasio dal Cavalcaselle che ne fornisce un giudizio fortemente riduttivo (These figures are all paltry, wooden and defective, and much damaged by retouching).

In assenza di elementi esterni non è possibile fornire una datazione ad annum delle tavole ora alla Carrara, che è tuttavia da anticipare rispetto all’arco cronologico tra il 1520 e il 1530 in anni di poco precedenti il polittico della Trinità a Casnigo, databile prima del 1511, perché in quest’opera i toni aspri e quasi risentiti dei santi del Romacolo sembrano comporsi in un equilibrio più meditato e l’espressionismo marcato delle loro fisionomie sembra raddolcirsi in schemi di meno pungente caratterizzazione.